Diretto da Pierluigi Montalbano

Ogni giorno un nuovo articolo divulgativo, a fondo pagina i 10 più visitati e la liberatoria per testi e immagini.

Directed by Pierluigi Montalbano
Every day a new article at the bottom of the 10 most visited and disclaimer for text and graphics.
History Archaeology Art Literature Events

Storia Archeologia Arte Letteratura Eventi

Associazione Culturale Honebu

Translate - Traduzione - Select Language

lunedì 7 marzo 2016

Archeologia. I Popoli del mare

Archeologia. I Popoli del mare
di Francesco Ignazio de Magistris
(Tratto dalla tesi di laurea triennale: "Il ruolo dei mercenari Shardana nella guerra del Tardo Bronzo", Università di Firenze, 1.7.2013)


Nel corso di pochi anni, nella prima metà del XII secolo a.C., cade una coltre di nebbia che rende difficile ai nostri occhi sapere qualcosa sulla Grecia, l’Anatolia e l’intero Levante. Di quel mondo illuminato alla nostra comprensione dai documenti di Ugarit, Hattusha e Akhenaten, non vediamo più niente. Nello stesso arco di tempo, mentre l’impero Hittita abbandona la sua capitale indifendibile e L’Egitto si chiude in sé stesso, preda di una nuova, profondissima, crisi interna, tutte le floride città del levante semplicemente smettono di esistere, abbattute dall’invasione di un “nemico” esterno: i “popoli del mare”, una “coalizione” di popolazioni dedite al saccheggio. Non in uno stato solo ma in gran parte del mondo civilizzato la storia pare interrompersi, e tutto questo grosso modo allo stesso momento in un’area abbastanza grande, probabilmente a seguito di un attacco esterno. In ambiente accademico si è spesso discusso sulla possibilità che un’invasione, per quanto disastrosa, abbia potuto causare il totale annichilimento del mondo civilizzato. Pochi, infatti, sembrano tenere in considerazione come i fattori “interni” ed “esterni” del disastro del XII secolo a.C. siano profondamente interconnessi: “Invaders were more likely to succeed when their target was already economically and politically/militarily weakened by its own and regional or system wide crisis”.
Ma a prescindere dal fatto che questi “Popoli del Mare” abbiano avuto un ruolo più o meno determinante nello sviluppo della crisi, c’è da dire che nessuna di questi popolazioni, nel 1200 a.C., era una novità per il mondo levantino. Se si accetta poi l’identificazione universalmente condivisa fra
gli Ekwesh delle fonti egiziane e gli Ahhiyawa di quelle hittite, la menzione più antica di un movimento invasore o comunque portato a razzie, da parte di uno dei “Popoli del mare” sarebbe l’hittita “editto di Madduwattas”, databile circa al 1440 a.C., documento in cui il re hittita lamenta il saccheggio e il rapimento di donne di Cipro da parte degli Ahhiyawa. Già negli annali di Tudhaliya I/II infatti, il primo termine della lista è “[ ]ugga”. Se la prima lettera fosse da intendere come una L, allora avremmo una probabile prima citazione dei Lukka già duecento anni prima della catastrofe. Anche in epoca amarniana, troviamo non pochi accenni ad alcune di queste popolazioni: il faraone Akhenaten si era lamentato col re di Alaysha dei raid compiuti dai pirati Lukka sulle sue coste, arrivando ad accusare i ciprioti di proteggerli, e il re di Cipro gli aveva risposto dicendo di essere di essere stato colpito lui stesso dagli stessi attacchi. Sappiamo però che, in realtà, gli attacchi di pirati Lukka sulle coste di Cipro erano una costante. In altre lettere, poi, il re di Biblo Rib-Addi raccontava di come un mercenario Shardana al suo servizio avesse cercato di ucciderlo, e di come uno dei suoi sia stato ucciso. E su alcune tavolette trovate ad Ugarit si riporta una lettera indirizzata da un innominato re hittita ad Ammurapi nella quale si parla di un riscatto che Ugarit avrebbe pagato per la liberazione di un certo Lunandusu, preso prigioniero dai “Sikala che vivono nelle navi”. E non è sorprendente che i documenti hittiti presentino spesso i pirati Lukka, dato che le fonti egiziane li indicano come alleati agli hittiti durante la battaglia di Qadesh, assieme ai Teresh e gli Ekwesh. Sappiamo poi di raid compiuti da pirati Shardana durante il regno di Ramses II, e il fatto che nella stele di Tanis di loro si dica che “nessuno aveva saputo combattere fin da sempre” rafforza l’idea che fossero conosciuti come pirati. Sotto Merneptah il Delta egiziano fu fatto oggetto di altri attacchi: “Il misero capo libico Meryw, figlio di Ded, è sceso nel paese di Tehenw con i battaglioni di Shardana, Shekelesh, Ekwesh, Lukka, Teresh, i migliori di ogni guerriero e di ogni corridore nel suo paese”. Va rilevato che, mentre al tempo di Akhenaten venivano nominati solamente i Lukka, e al tempo di Ramses II solamente gli Shardana, all’epoca di Merneptah questo testo menziona per la prima ed ultima volta una vera e propria unione di popoli, e ciò avviene poco prima del “disastro” del XII secolo a.C. Ad Ugarit, all’interno di un forno per tavolette, sono state trovate delle lettere indirizzate all’ultimo re della città, Hammurabi. Non si tratta di originali, ma di traduzioni operate dalla cancelleria regale e cotte al forno. In un primo momento si è pensato –sarebbe stato indubbiamente un dettaglio affascinante- che fossero state lasciate a cuocere, nella convinzione di estrarle a cottura terminata, nello stesso forno in cui furono trovate tremila anni dopo, perché nessuno era mai andato ad estrarle. Il fatto che numerosi documenti fossero però spezzati, e i cocci sparsi anche a diversi metri di distanza dal forno, fa oggi pensare che le tavolette siano cadute da un piano superiore in cui erano state conservate. Una di queste, traduzione in ugaritico di una lettera diplomatica, comincia conˁm špš kll midm šlm”: “con Il Sole, tutto va bene”. “Il Sole” è il re Hittita, siamo quindi di fronte ad una lettera mandata da un “Grande Re” al suo vassallo. La situazione è quella di una guerra, ed il re Hittita comanda al suo vassallo di inviargli ogni uomo possibile. Evidentemente Hammurabi deve aver obbedito, perché in una lettera al re di Cipro scrive:
"behold, the enemy's ships came (here); my cities (?) were burned, and they did evil things in my country. Does not my father know that all my troops and chariots (?) are in the Hittite country, and all my ships are in the land of Lycia?... Thus, the country is abandoned to itself. May my father know it: the seven ships of the enemy that came here inflicted much damage upon us."
Da altre lettere, si deduce che la flotta, inviata ad ovest a chiudere il passaggio dall’Egeo al Mediterraneo, sia stata quantomeno aggirata, e che l’esercito unito di Ugarit e Hatti sia stato sconfitto. Di sicuro, si è ritirato, lasciando che il nemico prendesse prima Lawasanda in Cilicia e poi che distruggesse tutto quello che stava dietro ai monti Amanos. Ewir-Sharruma, era re di Mukish, una città appena a nord di Ugarit, inviò infatti una lettera ad una “Signora” (adty), forse la regina madre di Ugarit, scrivendo :
(27) w. hn. ibm. šsq ly and, behold, the enemies oppress me,
(28) p. l. ašt. Atty but I shall not leave my wife (and)
(29) nˁry. th. I pn. ib my children.. before the enemy
I nemici erano ormai alle porte di Ugarit. Non sappiamo se gli abitanti siano stati uccisi o se siano scappati, ma, di sicuro, la città fu presa, i palazzi più importanti dati alle fiamme e gli altri abbandonati al proprio destino. Al contrario di altre città, che furono ri-popolate dagli invasori, Ugarit cadde in rovina. Nello stesso periodo, la città di Hattusa veniva abbandonata dalla popolazione e dalla corte, lasciando in città solo una guarnigione a vigilare su quella che era stata la capitale dell’impero. Più o meno in contemporanea l’insediamento di Mileto in Caria è incendiato, in Cilicia cadono Mersin e Tarso. Le città della zona interna della Siria furono anch’esse danneggiate: risalendo il corso dell’Oronte nel 1200 si sarebbero trovate Alalakh, Hamath, Qatna e Qadesh, Tutte e quattro furono saccheggiate e date alle fiamme. Anche Sidone fu distrutta, mentre i suoi abitanti fuggivano a Tiro. Tell-abu-hawwa, un vasto sito nella costa palestinese, pure, ed in questo caso è possibile attribuire una presenza certa di greci in questi luoghi –gli Ekwesh di Merneptah- dato che sono stati trovati vasi del tardo elladico C. L’identità di questi “nemici”, appare ormai chiaro, è quella degli stessi “Popoli del Mare” che attaccarono successivamente anche l’Egitto. Infatti secondo il racconto di Ramses III questi popoli avrebbero provato ad invadere anche l’Egitto, che si sarebbe però salvato in battaglia. Dal controllo incrociato delle fonti egiziane (le iscrizioni di Medinet Habu e il papiro Harris) si possono rilevare i nomi di 9 popoli: Lukka, Denyen, Shardana, Peleset, Tursha, Shekelesh, Meshwesh, Tjeker Weshesh. La loro provenienza è quantomeno controversa: i due testi di Ramses III parlano di una vittoria del faraone in difesa del paese contro popolazioni che avevano cospirato “nelle loro isole”. Per molto tempo si è quindi cercato di identificare questi popoli con gli abitanti di qualche isola, individuandole solitamente fra quelle nel mar Egeo. Ma il testo egiziano non dice “isole” (e secondo alcuni egittologi l’egiziano non aveva nemmeno la parola, o il concetto, di “isola”) ma userebbe quindi il termine “rww”, solitamente tradotto con “isole”, ma che, essendo spesso usata per indicare la costa continentale, dovrebbe indicare invece la vicinanza al mare. Sulla base di questa nuova lettura alcune teorie li indicano ora come barbari invasori provenienti da qualche luogo a nord o a sud dell’Anatolia, altre – la maggior parte- puntavano il dito sull’area egea. Per questo motivo cercare la provenienza dell’insieme dei popoli può rivelarsi più complicato che non cercare la provenienza dei popoli uno per uno. I Lukka sono molto comunemente identificati coi Lici, anche se non sono poche le discussioni accademiche sul dove collocarli con precisione. Alcuni studiosi sono arrivati a sostenere che vi fosse una originaria “patria dei Lukka” nella zona centro-meridionale dell’Anatolia, dalla quale si sarebbero mossi verso stati con una vera organizzazione politica, più a sud e più ad ovest, fino a stabilirsi in quella che, in epoca classica, sarebbe stata definita “Licia”. Forse per questo motivo, Omero nomina due Licia: una a nord-est della Troade, ed una più lontana, probabilmente in Caria. Data la frequenza dei loro attacchi verso Alaysha, e data la loro presenza a Qadesh al fianco di Muwatalli. Si dovesse sceglierne una sola, la seconda opzione sarebbe assai più probabile che non la prima. I Meshwesh, secondo professor Wainwright, sarebbero in realtà il nuovo nome con cui venivano individuati i Tehenu –una popolazione con cui gli egiziani si erano scontrati fin dall’antico regno- nel periodo Ramesside, mentre altri studiosi, come ad esempio Drews, li hanno identificati come gli abitanti dell’area di Tunisi, dove in epoca storica Erodoto locava una popolazione berbera chiamandola Maxyes. Gli Ekwesh compaiono per la prima volta al fianco dei libici, presso i quali formano il contingente maggiore. Sono solitamente identificati con gli Ahhiyawa/Achei, e quindi provenienti da Millawanda/Mileto, una colonia achea delle fonti Hittite. Suggestivo, da questo punto di vista, il fatto che nell’Odissea (XIV, 246) Ulisse dica che gli achei avevano fatto una spedizione contro l’Egitto ed erano stati sconfitti. Contrasta, con quest’identificazione con gli achei, il fatto che Merneptah, nelle iscrizioni per la vittoria a Karnak e Athribis, dica di aver ucciso numerosi Ekwesh, e di aver tagliato le mani ai cadaveri per poterle contare. Il fatto che solitamente, ai popoli non circoncisi non erano rimossi gli arti superiori, ma i genitali, ci dice con buona probabilità che gli Ekwesh avessero adottato una pratica del tutto estranea al mondo indeuropeo ma comunissima in ambito semitico ed egiziano. I Teresh sono stati avvicinati ai Taruisha delle fonti Hittite, e ai tyrsenoi del mondo greco, dai quali proverrebbero gli Etruschi. Sarebbero, quindi provenienti dalla Lidia, così come gli Shekelesh. Così come gli Shekelesh sono mostrati come barbuti, e fin dai tempi di Champollion sono stati identificati, in coppia, come Etruschi e Sicelioti, anche se prove per un arrivo etrusco in Italia già a quest’epoca non sono mai state prodotte. I Peleset sono unanimemente considerati essere i filistei della bibbia, e che si sarebbero stabiliti in Palestina a seguito della catastrofe del 1200. È interessante notare come, di loro, non si dica mai che siano popoli “del mare”, uno dei motivi che ha fatto sì che li si ritenesse provenienti dalla Cilicia occidentale, dove, con ogni probabilità, erano già stabiliti attorno al 1500 a.C. Di sicuro, comunque, erano indeuropei, e Yassur-Landau, seguendo la definizione già fatta propria da Singer e Niemer, li identifica invece con i Pelasgi dell’Egeo. Dalla Cilicia orientale proverrebbero invece i Tjekker, che sarebbero poi i Teucri delle fonti greche.I Denyen sono solitamente ricollegati ai Danai ma secondo Wainwright sarebbero, anche loro, provenienti dalla Cilicia, e ciò li avvicinerebbe a Teucri e Filistei. Infine, gli Shardana, che come mercenari sono conosciuti fin dai tempi di Amenothep III, all’inizio del periodo Amarniano, hanno un’origine misteriosa. I caratteristici elmi cornuti non sono di ambito egeo, mentre nella tradizione levantina sono conosciutissimi. Nella documentazione Hittita non esistono (e nonostante questo, si è pensato provenissero dalla piana di Sardi, in Asia Minore), e, benché alcune raffigurazioni da Pisaskion e dal vaso dei guerrieri di Micene mostrino dei guerrieri con il loro caratteristico elmo cornuto, e benché fossero circoncisi come i semiti, spesso si è cercato di ricondurli alla civiltà Nuragica e a quella delle Torri della Corsica. Di sicuro la Sardegna era già conosciuta nel Vicino Oriente, non si sa se in maniera diretta o indiretta, come produttrice di rame. Nell’isola sono stati trovati, infatti, numerosi pani di rame e ceramiche micenee tarde, che proverrebbero da Cipro, isola con cui la Sardegna, ancora in tempi storici aveva non poche relazioni. La presenza di una somiglianza fra gli Shardana delle immagini Egiziane e alcuni reperti rinvenuti nelle due isole -le statue bronzee in Sardegna, che però appaiono solo dal IX secolo, e alcuni menhir ritrovati in Corsica - e il fatto che una stele (sempre del IX secolo) ritrovata a Nora, un porto nuragico e fenicio in provincia di Cagliari, chiami l’isola “Be-Shardan” ha senza dubbio rinforzato l’ipotesi di una connessione fra questo popolo e l’isola in mezzo al mediterraneo. Si discute ancora però sul se l’avvento di questa popolazione sia avvenuto prima o dopo il 1200, ovvero se gli Shardana egiziani provenissero dalla Sardegna o se vi siano arrivati in un secondo momento.
Bibliografia:
AA.VV., The Cambridge Ancient History Cambridge 2008
Artzy M., On boats and Sea Peoples, in BASOR 266 (1987) pp.75-84
Artzy M., The Carmel Coast during the Second Part of the Late Bronze Age: A Center for Eastern Mediterranean Transshipping, in BASOR 343 (2006) pp.45-64
Astour M.C., New evidence on the Last Days of Ugarit, in AJA, (1965), pp. 253-258
Beal R.H., The Organization of the Hittite Military, Heidelberg 1992
Bemporad A., Considerazioni sulla fine dell’impero ittita, in Kaskal 3 (2006) pp.69-80
Bryce T., Life and Society in the Hittite World Oxford 2002
Bryce T., Lukka Revisited, in JNES 51, 2 (1992), pp.121-130
Bryce T., The Kingdoms of the Hittites Oxford 2005
Bunnens G., I Filistei e le invasioni dei Popoli del Mare, in “Le origini dei Greci: Dori e Mondo Egeo” a cura di D. Musti, Roma-Bari 1985
Cavillier G., Gli Shardana dell’Egitto o l’Egitto degli Shardana? La visione del mercenario nell’Egitto ramesside, in Aegyptus anno 82, 1/2 (2002) pp.67-90
Cavillier G., Gli Shardana nell’Egitto Ramesside Oxford 2005
Cifola B. Ramses III and the Sea Peoples: A structural analysis of the Medinet Habu inscriptions, in Orientalia 57 (1988) pp.275-306
Cifola B., The terminology of Ramses III’s historical records, with a formal analysis of the war Scenes, in Orientalia 60 (1991) pp.9-57
Cross, F. M., Phoenicians in the west: the early epigraphic evidence in Studies in Sardinian Archaeology II: Sardinia in the Mediterranean (1986) pp.117
Darnell J.C. - Manassa C., Tutankhamun’s Armies Hobokey, NJ, 2007
Dawson D., The origins of War, Biological and Anthropological Theories in History and Theory 35 N. 1 (1996)
De Martino S., Gli Hittiti Roma 2009
Del Monte, G. F., L’annalistica Hittita, Brescia 1993
Dietrich M. – Loretz O., Die Shardana in den Texten von Ugarit, in Antike und Universalgeschichte: Festchrift Hans Erich Stier pp. 39-42 Munster, 1972
Dothan M., Akko: Interim Excavation Report First Season, 1973/4 in BASOR 224 (1976) pp.1-48
Dothan M., Shardina at Akko?, in Studies in Sardinian Archaeology Vol.II: Sardinia in the Mediterranean (1986) pp. 105-116
Dothan T. –Dothan M, People of the Sea, The Search for the Philistines New York 1992
Dothan T., Archaeological Evidence for Movements of the Early “Sea People in Canaan” in Seymour Gitin and William G. Dever Recent Excavations in Israel: Studies in Iron Age Archaeology( 1989), pp. 59-70
Drews R., Medinet Habu: Oxcarts, Ships, and Migration Theories, in JNES, 59, (2000) pp.161-190
Drews R., The end of the Bronze Age: Changes in warfare and the Catastrophe AC. 1200 B.C. Princeton 1993
Faulkner R.O., Egyptian Military Organization, in JEA, 39 (1953) pp. 32-47
Frank A.G., Bronze Age World System Cycles, in “Current Anthropology” 34 (1993), pp.539-567
Gardiner A. Adoption Extraordinary, in JEA 26 (1941) pp.23-29
Gardiner A. The Kadesh inscriptions of Ramesses II Oxford 1960
Garr W.R., A Population Estimate of Ancient Ugarit, in BASOR, 266 (1987) pp. 31-43
Gilboa A., Sea Peoples and Phoenicians along the Southern Phoenician Coast: a Reconciliation. An interpretation of Sikila (SKL) material culture, in BASOR 337 (2005) pp. 47-78
Gordon D.H., Swords, Rapiers and Horse-riders in Antiquity, 27 (1953) pp. 67-78
Gorny, R.L. Environment, Archaeology, and History in Hittite Anatolia in “The Biblical Archaeologist” 52, (1989), pp. 78-96
Grimal N., Storia dell’antico Egitto Paris 1988
Heltzer M., Some questions concerning the Sherdana in Ugarit, in Israel Oriental Studies 9 (1979) pp.9-16
Heltzer M., The Internal Organization of the Kingdom of Ugarit, Wiesbaden 1982
Hiller S., È esistita una cultura dorica nella tarda età del Bronzo? Il problema delle testimonianze archeologiche, in “Le origini dei Greci: Dori e Mondo Egeo” a cura di D. Musti, Roma-Bari 1985
Keegan J., La grande storia della guerra, Mondadori, Milano 1994
Kilian K., La caduta dei palazzi micenei continentali: aspetti archeologici, in “Le origini dei Greci: Dori e Mondo Egeo” a cura di D. Musti, Roma-Bari 1985
Knapp B., The Archaeology of Late Bronze Age Cypriot Society Glasgow 1997
Laughlin J.C.H., Fifty Major Cities in the Bible, From Dan to Beersheba, New York 2006
Lilliu G., La civiltà nuragica, Sassari 1982
Littauer M. A., The military Use of the Chariot in the Aegean in the Late Bronze Age, in AJA, 76 (1972) pp. 145-157
Liverani M, il corpo di guardia del palazzo di Ugarit, in Rivista Degli Studi Orientali 44 (1969) pp.191-198
Liverani M., Antico Oriente: Storia, Società Economia Roma-Bari 1991
Liverani M., Guerra e diplomazia nell’antico Oriente, 1600 – 1100 A.C.Roma-Bari 1994
Liverani M., Guerra santa e guerra giusta nel Vicino Oriente antico Circa 1600-600 a.C., in Studi Storici Anno 43, (2002) pp.639-659
Liverani M., La chêne de Sherdanu, in Vetus Testamentum 277, (1977) pp. 212-216
Liverani M., Le Lettere di el-Amarna, 1: Le lettere dei “Piccoli Re” Brescia 1999
Liverani M., Le Lettere di el-Amarna, 2: Le lettere dei “Grandi Re” Brescia 1999
Liverani M., Hattushili alle prese con la propaganda ramesside, in Orientalia 59 (1990) pp.207-217
Loretz, O., Les Serdanu et la fin d’Ougarit, in M.Yon – M. Szinycer- P.Bordreuil “Le pays d’Ougarit- Actes du Colloque international Paris 28 juin-1er juillet 1993”, Paris 1995
Maxwell –Hyslop R., Dagger and Swords in Western Asia: A Study from Prehistoric Times to 600 B.C., in Iraq, 8 (1946) pp.1-65
Mc Leod W., Composite Bows from the tomb of Tuthankamon in Harris J.R. Tuthankamun’s Tomb Series Oxford 1970
Miller J.L., Amarna Age Chronology and the Identity of Nibhururiya in the Light of a Newly Reconstructed Hittite Text, in Altoriental. Forsch. 34 (2007), 252–293
Molloy B.P.C., For Gods or Men? A Reappraisal of the Function of European Bronze Age Shields. In Antiquity 83 (2009) pp. 1052-64.
Molloy B.P.C., Swords and Swordsmanship in the Aegean Bronze Age in American Journal of Archaeology, 114, (2010) pp. 403-428
Nims C.F., Egyptian Catalogues of Things, in JNES 9 (1950) pp. 253-262
Oren E.D., The Sea People and Their World: A Reassessment Philadelphia 2000
Pecchioli Daddi F. –Guidotti M.C., La Battaglia di Qadesh, Ramesse II contro gli Hittiti alla conquista della Siria Livorno 2002
Pecchioli Daddi F. –Guidotti M.C., Narrare gli Eventi, Atti del convegno degli Egittologi e degli orientalisti italiani Roma 2005
Rainey A.F., The Kingdom of Ugarit, in “The Biblical Archaeologist”, 28, (1965) pp.101-125
Rainey A.F., The Military Personnel of Ugarit in JNES 24, (1965) pp.17-27
Salvini M.–Vagnetti L., Una spade di tipo Egeo da Bogazkoy, in “La Parola del Passato”, XLIX (1994) pp.215-236
Sandars N.K., Later Aegean Bronze Swords, in AJA 67 (1963) pp.117-153
Sandars N.K., The First Aegean Swords and their Ancestry, in AJA 65 (1961) pp. 17-29
Sandars N.K., The Sea Peoples: Warriors of the Ancient Mediterranean London 1985
Santosuosso A., Kadesh Revisited: Reconstructing the Battle between the Egyptians and the Hittites, in “The Journal of Military History”, 60 (1996), pp. 423-444
Schaeffer C.F.A A Bronze Sword from Ugarit with Cartouche of Mineptah (Ras Shamra, Syria) in Antiquity 29 (1955) pp.226-229
Schulman A.R., Some Observations on the Military Background of the Amarna Period, in JARCE 3 (1964) pp.51-69
Schulman A.R., The Egyptian Chariotry: A Reexamination, in JARCE 2 (1963), pp.75-98
Shaw I., Egyptian Warfare and Weapons Haverfordwest 1991
Singer I. Western Anatolia in the Thirteenth Century B.C. According to the Hittite Sources in “Anatolian Studies” 33 (1983) pp. 205-217
Spalinger A.J., War in Ancient Egypt Oxford 2005
Speidel M.P. Berserks: A Histyory of Indo-european “Mad Warriors” in JWH 13 (2002), pp.253-290
Stillman N.-Tallis N., Armies of the Ancient Near East- 3000 BC to 539 BC Worthing, Sussex, 1984
Sweeney D. – Yasur-Landau A., Following the path of the Sea Persons: The women in the Medinet Habu Reliefs,in Tel Aviv 26, (1999) pp.116-145
Tirard H.M., The soldiers of Ancient Egypt, in JEA, 2 (1915) pp. 229-233
Tubb J.N. The role of the Sea Peoples in the bronze industry of Palestine/TranJordan in the Late Bronze Age – Early Iron Age transition in “Bronzeworking centers of Western Asia c.1000-539 B.C.” a cura di J. Curtis, London 1988
Tubb J.N., An Aegean presence in Egypto-Canaan, in “Egypt, the Aegean and the Levant” a cura di W.V. Davies e L.Schofield, London 1995
Van De Mieroop M., A history of the Ancient Near East ca.3000-323 BC London 2007
Vidal J. Sutean warfare in the Amarna Letters in “Studies on War in the Ancient Near East” (AOAT 372) a cura di Vidal J., Munster 2010
Vita J.P. El Ejército de Ugarit, Madrid 1995
Wainwright G.A Merneptah’s Aid to the Hittites, in JEA, 46 (1960) pp. 24-28
Wainwright G.A Some Early Philistine History, in Vetus Testamentum, 9, (1959) pp. 73-84
Wainwright G.A Some Sea Peoples, in JEA, 47 (1961) pp. 71-90
Wainwright G.A The Meshwesh, in JEA, 48 (1962), pp. 89-99
Wainwright G.A The Teresh, the Etruscans and Asia Minor, in Anatolian studies 9 (1959) pp. 197-213
Wainwright G.A., Some Sea Peoples and Others in the Hittite Archives, in JEA, 25, (1939) pp.148-153
Ward W.A. – Joukowsky M.S., The Crisis Years: The 12th century B.C. From beyond the Danube to the Tigris, Dubuque 1989
Watson W.G.E. –Wyatt N., Handbook of Ugaritic Studies, Boston 1999
Weinstein J.M., Review to Goedicke H., The Report of Wenamun, in BASOR 225 (1977) pp. 78-80
Yadin Y., The art of Warfare in Biblical Lands Jerusalem 1963
Yalichev S., Mercenaries of Ancient World London 1997
Yasur-Landau A., On Birds and Dragons: A note on the Sea Peoples and Mycenaean Ships, in Pax Hethitica, Studies in Honor of Itamar Singer, Wiesbaden 2010
Yasur-Landau A., The Philistines and the Aegean Migration at the end of the Late Bronze Age Cambridge (2010)




Fonte: Il ruolo dei mercenari Shardana nella guerra del Tardo Bronzo, academia.edu

4 commenti:

  1. L'analisi di De Magistris, almeno quella qui proposta, mi pare parziale. E pure cautamente orientata. A oriente. Se ne deduce che se gli shardana provenivano dalla Sardegna nuragica allora erano l'unico popolo d'occidente fra i Popoli del Mare. Cosa che probabilmente appare ancora stravagante vista da Oxford. Nonostante che le statue stele corse a cui si accenna siano parecchio più antiche dei bronzetti nuragici, che del resto, non a caso sono qualificati come bronzetti nuragici e non, che so, bronzetti shardana o bronzetti peleset. Nonostante il fatto che a Occidente, nelle Baleari, sull'isola di Minorca(anticamente chiamata Nure) e su quella di Maiorca, si sviluppi, quasi dal nulla, nella stessa epoca, la civiltà talaiotica, la cui architettura ha caratteristiche molto similari a quelle della civiltà nuragica. Nonostante il fatto che anche in Corsica si sviluppi nello stesso arco temporale la civiltà torreana, in un territorio chiamato sì Sartene, ma anche in questo caso con caratteristiche molto, molto vicine a quelle sarde nuragiche. Nonostante la coeva presenza nuragica, di evidente valore strategico, a Lipari, nelle Eolie, e niente poco di meno che a Creta (Kommos)e Cipro (Pyla-kokkinokremos). Presenza chiaramente nuragica, non atlantidea o che altro. (Questo senza aprire il capitolo bulgaro, che pure andrebbe indagato.) Il quadro credo sia già abbastanza delineato per comprendere l'ampiezza e la portata dell'irradiazione nuragica nell'epoca presa in esame. Anche semplicemente considerando il solo mero dato archeologico. Incontrovertibile al di là di qualsiasi interpretazione.

    Ithoccor

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ne parla estesamente il libro 1177 a. C. Il collasso della civiltà di Eric H. Cline. Devo dire che non risolve la questione dell'origine dei sea peoples. Personalmente concordo in parte con Ithocor che non menziona gli abitanti delle coste spagnole e portoghesi anch'esse con strutture assimilabili ai nuraghe.
      Donato Pulacchini

      Elimina
  2. Oltrettutto in Sardegna mi pare sia pressoché assente qualsiasi indizio, non dico prova, ma indizio, dell'invasione di uno o più popoli orientali nell'isola. Neppure di una colonizzazione alla spicciolata, come pare fu quella fenicia. Proprio niente di niente. La tesi che vorrebbe gli shardana insediarsi bellamente nella Sardegna nuragica, come niente fosse, può avere attualmente maggior forza, maggior sostegno tra accademici e archeologici, ma è destinata a soccombere. Perché è proprio l'archeologia a non supportarla minimamente. Resta una terza via, a quanto pare davvero molto minoritaria, credo sostenuta da un unico archeologo al mondo, dal cognome germanico ma oristanese, che gli shardana e la Sardegna non abbiano proprio nulla a che vedere. Che sia tutta un colossale abbaglio questa coincidenza di nomi, abbigliamento, armamento. Ovvero: dalla perfetta solitudine al meticciato, così, d'amblée.

    RispondiElimina
  3. Il dibattito è aperto, e mentre illustri studiosi sostengono che gli Shardana, i temibili guerrieri dal cuore ribelle che nessuno riuscì a vincere, giunsero in Sardegna e la occuparono a seguito delle guerre del 1200 a.C., altri, altrettanto illustri, propongono che la Sardegna nuragica, con i suoi 7500 nuraghi a controllo capillare del territorio, ricchi di metalli come argento e rame, inseriti nelle rotte commerciali mediterranee, forti di un'organizzazione capace di gestire le coste e l'interno (infatti nessun segno di guerre violente è mai stato trovato), non possono essere estranei alle vicende dei Popoli del Mare (sempre tenendo a mente che quella coalizione era arricchita da guerrieri africani, greci e anatolici. A mio avviso i sardi parteciparono attivamente a quella coalizione, ed erano presenti nell'isola ben prima che iniziassero gli sconvolgimenti del XIII e XII a.C.

    RispondiElimina