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mercoledì 25 marzo 2015

L'origine della lingua sarda. Conferenza a Cagliari sabato 28 Marzo, ore 09.30, Pinacoteca, nella Cittadella dei Musei.

Scrittura: la trasmissione delle conoscenze.
In occasione della conferenza organizzata da ETSI a Cagliari per sabato 28 Marzo, alle ore 09.30, nella sala convegni della Pinacoteca, nella Cittadella dei Musei, con ingresso libero, ho pensato di scrivere un breve articolo introduttivo alla giornata. Buona lettura e...partecipate numerosi, ci saranno alcune sorprese.


La scrittura è stata, da subito, uno strumento del potere per esercitare meglio il proprio governo sulla popolazione, e come tale essa va studiata. Chiunque veda altro nella scrittura, ossia uno strumento per comunicare con le divinità, o una serie di crittogrammi segreti per escludere la popolazione dalla comprensione della scrittura, manca il bersaglio e non comprende l'essenza stessa della scrittura, che è comunicazione.
Con il termine scrittura si indicano i sistemi di tracce grafiche dotate di significati che gli uomini hanno utilizzato per conservare e comunicare pensieri e informazioni dai tempi più antichi fino a oggi. Dai graffi incisi sulle pareti delle grotte in epoca preistorica agli ideogrammi e fino alle scritture cuneiformi, nel corso di qualche migliaio di anni i sistemi di trasmissione approdarono alla scrittura alfabetica, uno strumento semplice per riprodurre il suono delle parole. Da quel momento fiorirono, in tutto il mondo, le scritture alfabetiche, molte delle quali sono ancora in uso.
Nella preistoria, le lingue orali mostravano un problema di difficile soluzione: la conservazione scompariva nel giro di poche generazioni. Con lo stabilizzarsi dell’organizzazione sociale si rese necessaria una lingua più stabile e qualche gruppo umano iniziò a esprimere le sue idee realizzando con graffi e colori una serie di immagini, aprendo una nuova strada che lo avrebbe portato all’invenzione della scrittura.
L’inizio del percorso vede
i gruppi preistorici esprimere con graffiti gli stati d’animo, le credenze religiose, i fatti importanti vissuti. Gli esempi più antichi sono nelle grotte francesi di Chauvert e di Lascaux o in quelle spagnole di Altamira. Il punto di arrivo lo troviamo nel Vicino Oriente verso la fine del II millennio a.C., quando le popolazioni locali creano il primo sistema di scrittura così come la conosciamo noi, cioè un sistema di lettere che esprimono i suoni di una lingua, avviando concretamente lo sviluppo della lingua scritta e rendendo stabili i diversi saperi umani, accelerando la loro crescita, la loro diffusione, il loro controllo, e sviluppando l’attività conoscitiva in pensiero scientifico, espressione artistica e bellezza letteraria.
Dai primi disegni schematici si imparò presto a creare delle serie di disegni più piccoli e a disporli in file ordinate dando vita alla più primitiva forma di scrittura, la pittografia. Ogni pittogramma fornisce un’immagine riconoscibile di un essere umano, un animale o un oggetto. Per leggere una pittografia occorre identificare gli oggetti simboleggiati e descriverne oralmente la sequenza. L’efficacia comunicativa della pittografia è notevole, tanto che gran parte dei segnali stradali sono pittogrammi. Tuttavia per interpretare correttamente un pittogramma bisogna conoscere l’ambiente in cui è stato scritto. Vari pittogrammi, ad esempio quelli trovati a Creta o nell’Isola di Pasqua in Cile, sono poco comprensibili perché ci manca la conoscenza precisa del contesto storico e della vita quotidiana di quelle genti.
La tecnica pittografica fu utilissima per chi iniziò a coltivare la terra, a conservarne i prodotti e a scambiare merci con altre comunità. Circa 4000 anni fa, dai pittogrammi si passò a immagini sempre più schematiche: gli ideogrammi, segni che suggeriscono anche idee più generali e astratte. Un aratro, per esempio, poteva indicare lo strumento, ma anche il lavoro dei campi; un piede poteva indicare il camminare, lo stare in piedi, il trasportare e così via. In quell’epoca, due eventi si rivelarono importanti. Il primo in Mesopotamia, nell’odierno Iraq, dove grandi popoli (Sumeri, Ittiti, Accadi, Assiri, Babilonesi), incidono con una canna tagliata a punta delle tavolette di argilla morbida, lasciate poi asciugare. Inventano le scritture cuneiformi, per la forma a cuneo dei segni incisi,  e scrivono i documenti più antichi ritrovati finora: le tavolette di Uruk (oggi Warka) e di Ebla in Siria (oggi Tell Mardik, vicino ad Aleppo).
Il secondo fatto importante accade in Egitto, dove si afferma la scrittura geroglifica, importante per capire come sia nata la lingua scritta così come la usiamo oggi.
In altre parti del mondo si elaborarono scritture a oggi indecifrabili. Gli Elamiti, confinanti dei sumeri trasmisero nella valle dell’Indo, un’elegante forma di antico indiano. In Cina nacque la scrittura ideografica; in America Centrale, i Maya realizzano geroglifici sulla pietra o li disegnano a vivaci colori su rotoli di tessuto e pelle; nell’isola cilena di Pasqua, elaborano i rongo-rongo, ideogrammi ancora misteriosi.
La scrittura fonetica, quella odierna, nasce da quella ideografica. I geroglifici egizi, come tutte le scritture ideografiche di quei millenni, erano di tre tipi. Alcuni indicavano un oggetto o un’azione: una rondine, uno scarabeo, il mangiare, il camminare e così via. Altri funzionavano da determinativi, ossia spiegavano a che cosa si riferissero le sequenze di simboli, come potremmo per esempio fare in italiano con la parola tavola, in egiziano senza le vocali, cioè tvl. Se vogliamo parlare della tavola imbandita aggiungiamo il disegnino di una forchetta e di un cucchiaio, come troviamo in molte guide turistiche; se invece vogliamo indicare uno strumento di lavoro, per esempio del falegname, aggiungeremo il disegnino di un martello e di una sega. Su molti geroglifici gli antichi Egizi applicavano il procedimento dell’acrofonia, vale a dire il principio del suono iniziale, quindi un simbolo che non significava più un oggetto ma il primo suono del nome dell’oggetto rappresentato. Se fosse italiano odierno, il simbolo della lampadina si leggerebbe L, quello di nave N, e così via. Combinando tra loro simboli non si ottiene più un racconto, ma la sequenza dei suoni di parole della lingua orale, quindi i simboli di una lampadina e di una nave messi assieme si leggerebbero lana. Con l’acrofonia, dall’ideogramma era nato il fonogramma, cioè un’immagine che ha per significato un suono della lingua orale, dalle scritture ideografiche stavano nascendo le scritture fonetiche.
La tecnica dell’acrofonia applicata alla scrittura cuneiforme si sviluppò intorno al 1500 a.C. nel Vicino Oriente, come ci dicono le tavolette della città di Ugarit (vicino all’odierna città siriana di Latakia) su cui troviamo parole e frasi scritte con quello che è il primo alfabeto interamente fonetico di cui abbiamo notizia, formato da 30 lettere consonantiche e alcuni segni per indicare tre vocali.
Attorno al 1200 a.C. Ugarit fu distrutta ma la scrittura fonetica aveva ormai preso piede e con i commercianti navali si sarebbe rapidamente diffusa in tutto il mondo. In epoca fenicia si abbandonarono le tavolette d’argilla e si scrisse con l’inchiostro su fogli di papiro, cocci di terracotta e lamine metalliche. I 22 caratteri consonantici, di cui il documento più antico è forse un’iscrizione del 1200 a.C. sul sarcofago di Ahiram, uno dei re di Biblo. I greci adottarono l’alfabeto fenicio, lo modificarono, aggiunsero le lettere per indicare le vocali e pervennero al primo alfabeto fonetico completo della storia.


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