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domenica 8 aprile 2012

Il "Modello Montalbano" e il "Sistema Onnis": un nuovo metodo di ricerca in Sardegna



Per concludere la proposta pubblicata nei giorni scorsi su questo quotidiano, (parte 1) (parte 2) (parte 3) è doveroso inserire l'articolo di Marcello Onnis relativo al suo "Sistema Onnis" per la determinazione dei clan. Tutte le associazioni e le amministrazioni comunali che volessero organizzare una conferenza sull'argomento, con proiezione delle immagini e collegamento "in diretta" con i siti, possono mandare una mail a pierlu.mont@libero.it

Una civiltà in equilibrio cosmico
di Marcello Onnis


Distribuzione dei nuraghi

Per capire quali criteri determinarono la scelta del luogo dove edificare un nuraghe ci si deve basare sull’osservazione e sull’analisi di dati noti ricadenti in aree circoscritte come le vallate e alcune giare, con l’intento di individuare correlazioni comuni e ripetibili in analoghi habitat distribuiti in ambito regionale.
Conseguentemente, il perno dell’indagine è lo studio geografico dei luoghi.
Nell’ indagine che segue sono stati considerati i parametri fondamentali del territorio come l’orografia, la qualità del fondo e l’idrografia, in quanto elementi naturali di questo habitat, che condizionarono i primi agricoltori per l’antropizzazione di quelle terre. I residenti realizzarono campi coltivabili, capanne, reti stradali, e le infrastrutture necessarie per permettere lo sviluppo sociale delle comunità.
Si ritiene che, originariamente, la scelta dei luoghi strategici su cui successivamente saranno edificati i nuraghi, fu frutto di decisioni delle popolazioni del Neolitico Recente (3.300 a.C. circa) che iniziarono l’addomesticamento dei primi cereali ed edificarono capanne e/o villaggi intorno alle aree agricole.
Solo il 18% della superficie della Sardegna possiede i requisiti “ideali” per la coltivazione dei cereali, perciò, fin dalle prime attività agricole, emerse la necessità di occupare e antropizzare permanentemente le poche aree disponibili. Le aree d’edificazione dei nuraghi in Sardegna non sono omogenee, tuttavia prevalentemente ricadono nelle vallate dotate di risorse idriche che consentono lo sfruttamento di terreni pianeggianti adiacenti, proprio perché queste terre sono le più fertili.
Poiché una vallata può essere accessibile da più parti, per poter difendere il territorio occorreva predisporre una serie di posti di guardia per evitare possibili intromissioni di greggi e/o saccheggi attraverso le vie di penetrazione. Conseguentemente a tale necessità, si verificò la nascita delle prime aggregazioni sociali, i cosiddetti Clan, obbligando più famiglie a partecipare unite al bene comune.
Le vallate, per la loro conformazione, possiedono diversi pregi. Grazie alla loro concavità, durante il periodo delle piogge, raccolgono l’acqua e la incanalano in diversi rivoli rendendo il fondo della valle particolarmente fertile per più mesi all’anno. Inoltre, l’azione impetuosa del vento, fortemente deleteria per l’agricoltura, è limitata nell’area interna della vallata, grazie ai bordi rialzati dell’anello perimetrale.
Nonostante siano trascorsi oltre 5000 anni, che dal punto di vista geologico corrispondono ad un battito di ciglia, i luoghi non hanno subito grosse variazioni geomorfologiche e il fatto che a tutt’oggi, la maggior parte degli ovili e delle aziende agricole sussistono prevalentemente su emergenze archeologiche nuragiche e/o resti di capanne e recinti a loro coevi, dimostra che i parametri agro-pastorali considerati a suo tempo, sono ritenuti validi ancora oggi. La contemporanea presenza e partecipazione nelle vallate, e in alcune giare, di diverse emergenze archeologiche, come circoli megalitici, capanne, protonuraghi, nuraghi, pozzi sacri, necropoli con domus de janas e tombe dei giganti…, seppure costruite in tempi diversi e da comunità differenti, disegnano una linea temporale la cui origine culturale e religiosa è certamente neolitica, e la cui continuità è frutto di sovrapposizioni di genti che vissero nello stesso luogo, con le stesse difficoltà ed esigenze, esternate con manifestazioni artistiche e culturali diverse.
Tale prassi fu rispettata certamente anche dai nuragici, come oggi dai nostri pastori con gli stazzi.
All’inizio dello studio, si è analizzata la vallata di Seruci. E’ situata nel comune di Gonnesa (Carbonia-Iglesias) ed è stata scelta perché rispecchia le condizioni di nicchia ecologica e si può ragionevolmente supporre che i nuraghi presenti partecipano al medesimo sistema geografico. Inoltre è sufficientemente distante da altre realtà archeologiche che potrebbero inficiarne l’analisi. Si è utilizzata una fotocopia della carta IGM con scala 1:25.000 in cui sono stati evidenziati tutti i nuraghi, le tombe, i pozzi, i menhir e le altre emergenze archeologiche indicate sulla mappa. Successivamente, la carta è stata integrata con i dati dei manufatti rilevati con una nostra ricerca sul campo, ottenendo come risultato un profilo a forma ellittica che segue il perimetro della vallata. Verificato che, due o più nuraghi costruiti lungo i bordi della vallata sono controvisibili tra loro, si sono tracciate delle direttrici per unirli in coppia. Il risultato finale è simile a una vecchia ruota di bicicletta (Figura 1).



Dall’analisi dei nuraghi, sia sul luogo che sulle carte, emerge che alcuni sussistono in corrispondenza dei passi, e dei relativi sentieri, che mettono la vallata in comunicazione con quelle adiacenti.

Metodologia di studio

A partire dai luoghi imposti casualmente dall’orogenesi, dai passi e dai corsi d’acqua, l’uomo neolitico ha progettato e manipolato la terra secondo le necessità del momento. Secondo la nostra visione dei fatti, ogni comunità decise di adattare l’area scelta per l’insediamento. A tal fine fece passare le direttrici in un punto ben definito, un Centro scelto a priori con finalità propiziatorie, dal quale tutto ha origine, nel quale si ricerca uno “stato d’equilibrio cosmico” in contrapposizione al “caos cosmico”.
Proviamo a ipotizzare una metodologia usata dai Clan per gli allineamenti. Stabilito il Centro della vallata da antropizzare, veniva acceso un fuoco alimentato con degli arbusti freschi che sviluppavano un’alta colonna di fumo. Questa permetteva l’individuazione del punto anche da grandi distanze, superando l’eventuale scarsa visibilità dovuta alla folta vegetazione e/o ad eventuali dislivelli presenti nella vallata.
Analogamente, veniva acceso un altro fuoco in prossimità del passo più importante del Clan/vallata, sul quale veniva successivamente eretto un nuraghe, ottenendo così due punti in linea tra loro. Per individuare il terzo punto ci si allontanava dal Centro, seguendo l’allineamento dato dalle due colonne di fumo, fino al raggiungimento del confine posto ai bordi opposti della vallata. In caso di lunghe distanze si accendevano diversi falò lungo l’allineamento dato dai primi due. Verosimilmente, il Centro era il luogo in cui, con riti religiosi legati al culto delle acque, veniva siglato il “patto inderogabile” di mutua collaborazione tra diverse famiglie nell’interesse della collettività. In tale occasione le famiglie che vi partecipavano, sancivano lo status d’appartenenza al Clan. Anche la scelta del Centro era parzialmente condizionata da fattori geografici.
Il Centro, veniva individuato nelle immediate vicinanze di fonti o corsi d’acqua, in quanto elemento vitale e sacro. Il 95 % delle vallate studiate sino ad ora, conferma tale ipotesi. In diverse vallate il Centro coincide con il punto di congiunzione di due affluenti che disegnano una sorta di Y sul terreno, verosimilmente considerata quale rappresentazione femminea di fertilità della grande Dea Madre, la terra.
Ogni individuo, spinto dal senso di protezione ricevuto dalla comunità e dall’obbligo del rispetto religioso, era spronato a lavorare per il bene comune, certo che il frutto del suo lavoro sarà successivamente restituito sotto forma di alimenti e difesa da parte di eventuali pericoli esterni. Per dimostrare e mantenere il possesso di quel territorio era necessario presiedere gli accessi in maniera permanente, bloccando le vie d’accesso che mettevano la valle in comunicazione con le vallate adiacenti. In tal modo veniva marcato il territorio ed eretto un segno inequivocabile di possesso (nel Bronzo si utilizzava un nuraghe) che delimitava un passo invalicabile senza esplicita autorizzazione. Tale prassi era talmente consolidata e rispettata tra i diversi Clan che, a differenza di altre culture esterne alla Sardegna, non si dovettero erigere delle grosse mura tutto intorno alle aree abitate e coltivate. I nuragici, non hanno fatto altro che rispettare la tradizione delle popolazioni neolitiche, poiché tale sistema soddisfaceva le medesime esigenze, seppure in tempi diversi.
Si sono definiti punti “A“ delle direttrici (Seruci, Sa Turrita, Ghillotta, Nuraxi Figus, Su Arci), i nuraghi posti nelle adiacenze dei passi dove potevano transitare i carri, giacché strategici e obbligati dalla naturale conformazione del fondo, mentre si sono chiamati punti “B“, quelli contrapposti. Questa convenzione tornerà utile in fase di rilevamento e successiva informatizzazione dei dati. L’ordine delle direttrici si è attribuito partendo dal nuraghe più importante per dimensione e/o per annesso villaggio. Nel caso affrontato in questo primo esempio il punto “A” è costituito proprio dal nuraghe Seruci. Con questa procedura, le direttrici s’intersecano in un punto che convenzionalmente chiamiamo Centro, non coincidente con il centro geometrico dell’area perché, trattandosi di una superficie ondulata con perimetro irregolare, gli estremi delle direttrici non possono distare equamente dal centro stesso. Durante la definizione delle direttrici, si sono tralasciati temporaneamente i nuraghi singoli, apparentemente isolati. Partendo da questi ultimi, si è tracciata una direttrice passante per il centro precedentemente individuato, sulla quale si è concentrata la ricerca d’eventuali altre emergenze archeologice a noi sconosciute. Grazie all’ausilio del programma Wikimapia (www.wikimapia.org), si è verificato che lungo quelle direttrici erano stati già censiti altri nuraghi. Come contro prova, dopo aver tracciate le direttrici, si è provato a spostare virtualmente diversi nuraghi. Con spostamenti di soli 20/30 metri lungo il bordo della vallata è risultato immediatamente evidente che le direttrici, non passavano più per il Centro. Con l’uso della funzione 3D di Google Earth, si apprezzano meglio i risultati ottenuti e si dimostra come tale disposizione collima con l’orografia dei luoghi.
Partendo dai nuraghi edificati nei punti “A”, si sono evidenziati i sentieri adiacenti con una matita rossa, ottenendo un tracciato utile alla determinazione dell’ipotetica rete stradale esistente nel territorio nuragico.
Occorre precisare che a volte la parte “B” della direttrice non si trova alla stessa quota altimetrica del punto “A”, e quest’ultimo può coincidere anche con la quota più bassa della stessa vallata.
Nel caso in cui il punto “B” sia un nuraghe, il rispetto di tale regola vanifica l’ipotesi d’esclusiva funzione strategica di vedetta militare e giustifica il motivo per cui molti nuraghi non sorgono all’altezza massima del rilievo su cui sono stati edificati.
Un altro aspetto rilevante è che con questo sistema si riesce a comprendere il posizionamento di quei nuraghi costruiti nelle immediate adiacenze di altri nuraghi per i quali non si è riusciti a tutt’oggi a fornire una spiegazione logica.
Dall’analisi dei 17 Clan finora accertati, si è riscontrato che nel Centro si rileva prevalentemente la presenza d’acqua sotto forma di fiumi, sorgenti o pozzi d’acqua artificiali.
In una buona percentuale dei Clan del bacino del Sulcis-Iglesiente il centro coincide, non casualmente, con il punto di congiunzione di due affluenti che generano una “Y”.
Verosimilmente, tale configurazione, stilizzazione della forma antropica del ventre femmineo, era considerata la naturale manifestazione della fertilità della grande Dea Madre, la Terra. Si tratta del luogo che presenta le caratteristiche propiziatorie migliori per avviare un’attività cerealicola. Probabilmente, il Centro era individuato dal Capo Clan/Sacerdote in sede d’occupazione e antropizzazione del territorio e, come testimoniato per altre civiltà di quell’epoca, si svolgeva un rito di fondazione.
Lo scopo, ipotizzato dallo scrivente, è che per fini propiziatori si volesse determinare un punto in equilibrio cosmico del Clan, il Centro appunto, ottenuto dalla neutralizzazione di forze (prima da circoli megalitici e capanne e poi da nuraghi) con direzioni opposte, tra loro convergenti in quel punto scelto a priori, e nel quale si celebravano le cerimonie e i riti dedicati al culto dell’acqua.
In altri casi, come già detto, in prossimità del centro sono state individuate emergenze archeologiche interessanti, non riportate sulle carte dell’IGM, ne divulgate da pubblicazioni scientifiche, come una Tomba dei Giganti individuata durante la ricerca sul campo a Sant’Antioco nella valle di Cannai. Applicando lo stesso sistema anche sull’altopiano della Giara di Gesturi, si è giunti ad individuare, prima a tavolino e poi sul luogo, una necropoli composta da una decina di tumuli a tholos, alcune delle quali formate da lastre in pietra squadrate e posizionate in modo ortostatico, dei resti di capanne a base ellittica a più ambienti e un complesso litico a forma di altare lungo circa 2,5 metri.
Come è noto, nella Giara di Gesturi, non sono censiti nuraghi edificati all’interno. Ciò stride fortemente con l’alta densità di nuraghi edificati tutto attorno e sui bordi della stessa Giara. Si presume che il motivo sia da attribuire al fatto che la Giara, con la sua naturale disposizione in direzione WNW-ESE, fosse considerata una Zona Sacra, e che la funzione del nuraghe (o ciò che rappresentava per la comunità che lo edificò), non fosse compatibile con gli usi praticati all’interno dell’Area Sacra.
L’aspetto più importante dell’indagine consiste nel fatto che, grazie all’applicazione del sistema a direttrici anche sulla Giara di Gesturi, si è verificato il rispetto dell’ubicazione dei nuraghi negli accessi e, allo stesso tempo, sono state individuate decine di emergenze archeologiche non riportate sulle carte IGM, ne citate su riviste e/o pubblicazioni scientifiche di archeologia, nonostante siano state effettuate diverse campagne archeologiche già dagli anni ‘60.
L’ipotesi teorica elaborata sulla carta, trova oggettivamente riscontro grazie ai sistemi informatizzati disponibili come Google Earth e Wickimapia che, con le loro opzioni 3D, consentono di verificare la coerente e perfetta applicazione di tale modello di indagine archeologica sull’orografia dei luoghi.
Il Capo Tribù o il Sacerdote, postosi al Centro del Clan, avrà certamente riscontrato che, col trascorrere delle stagioni, precisi punti all’orizzonte coincidevano con i solstizi e gli equinozi, estivi e invernali. Questi momenti erano particolarmente importanti per le comunità agricole, legati ai periodi di semina e raccolta, e costuìituivano elementi fondamentali per la corretta gestione dell’attività agraria, pastorale e religiosa dell’intera collettività.
Proseguendo la ricerca, è emerso che nelle grandi vallate del Sulcis sono individuabili dei Clan i cui nuraghi partecipano alla contemporanea delimitazione di tre Clan confinanti e complementari tra loro, e le rispettive vallate, viste sotto tale punto di vista, assumono l’aspetto di un enorme puzzle composto da aree perfettamente adiacenti tra loro, senza “spazi morti”. Ciò suggerisce una società gerarchica, organizzata in diverse classi sociali specializzate che partecipavano al bene del Clan, con persone preposte all’agricoltura, alla pastorizia, alla caccia, alla pesca e a tutte quelle attività legate alla buona gestione del territorio antropizzato, dalla difesa all’accumulo delle risorse e ai conseguenti scambi commerciali.

Conclusioni

Tutti i membri del Clan partecipavano all’edificazione e alla manutenzione dei nuraghi, delle tombe e dei pozzi nel territorio di loro pertinenza, e contribuivano al bene comune del medesimo. Dalle stratigrafie degli scavi intorno ai nuraghi si è potuto verificare che molti furono edificati su insediamenti preesistenti. Ciò non testimonia con sicurezza che i nuragici fossero la naturale evoluzione delle popolazioni sarde preesistenti. Allo stato attuale delle ricerche non sappiamo se queste genti occupavano territori in precedenza antropizzati dai loro antenati, oppure se una nuova civiltà occupò le stesse aree, ma la carenza di elementi legati a guerre o invasioni farebbe supporre che la trasformazione della società avvenne in modo naturale, senza traumi o cesure evidenti.
Le realtà archeologiche finora scoperte a tavolino e verificate sul campo, quelle determinate dai centri e quelle individuate dal tracciato delle direttrici, non possono essere considerate frutto di pura casualità, e gli studi preliminari già avanzati fanno supporre importanti sviluppi in ambito regionale, con la conseguente imposizione di interventi politici mirati. La sperimentazione di tale metodologia, applicata a macchia di leopardo in campo regionale, ha consentito l’individuazione di altri 15 potenziali Clan. Ciò testimonia che il metodo di antropizzazione fu applicato in tutta la Sardegna, isolette comprese, come a Sant’Antioco.

Nell'immagine in alto: Il territorio di Macomer, circondato da nuraghi che rispettano il "Sistema Onnis" e sono uniti fra loro da sentieri di collegamento.

Nell'immagine in basso il complesso Gonnesa-Portoscuso analizzato con il "Sistema Onnis"

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