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mercoledì 25 gennaio 2012

Cartografia: due parole per capire questa disciplina.


Cartografia:
di Pierluigi Montalbano


La cartografia è lo studio delle carte geografiche. Oggi siamo nel post-moderno e scambiamo tranquillamente la carta con il territorio. Tutti abbiamo delle rappresentazioni mentali dello spazio: ognuno usa il proprio linguaggio e la carta geografica è l'elaborazione intellettuale della percezione dello spazio restituita attraverso il linguaggio cartografico. Ogni approccio sul territorio passa attraverso le carte geografiche. La definizione di carta geografica è del 1787 da parte dell’intellettuale francese Luigi Lagrange: è una rappresentazione ridotta, approssimata e simbolica della superficie terrestre o di una parte di essa. Siamo arrivati nel tempo a questi risultati: c'è stata un'elaborazione mentale (almeno fin dalle età dei metalli per gli scambi) che ha portato alla rete dei meridiani e paralleli di latitudine e longitudine che riportano determinati luoghi della superficie terrestre nella carta geografica. Le due coordinate di distanza dall'equatore e dal meridiano preso come fondamentale, danno il sistema di lettura di tutte le carte. La cartografia cinese ha introdotto solo nel secolo scorso le coordinate geografiche occidentali, pur conoscendole dal 1500. Alla metà del 1700 l'imperatore incaricò alcuni gesuiti di rappresentare su una carta, alla maniera occidentale, l'impero cinese. Gli archivisti di corte affermarono che era splendida ma avrebbero mantenuto i loro sistemi che sono percettivi e non simbolici. Il linguaggio pittografico cinese è antichissimo e concreto: già i segni distinguevano l'uomo e la donna simboleggiandoli con delle stanghette. C'era un legame stretto fra scritti e raffigurazione pittorica. Solo dal 1912, con il crollo del sistema imperiale, sono stati introdotti i sistemi cartografici occidentali.
Noi occidentali abbiamo riconosciuto in quello di Tolomeo l'unico sistema scientificamente valido di trasferire il globo terrestre su un piano, anche se ci sono degli errori. Siamo talmente evoluti nelle teorie di rappresentazione dello spazio, che scambiamo la carta con il territorio senza preoccuparci dei problemi. Fin dalla nascita tutti noi possediamo carte mentali e il cartografo propone una sua percezione dello spazio che la collettività riconosce come valida: è una verità cartografica.
Tutte le differenze dello spazio rappresentato nel sistema cartografico sono modificate rispetto alle nostre percezioni e si arriva alla negazione dell'oggetto. La rappresentazione cartografica è una tecnica: la manipolazione dello spazio è possibile solo attraverso un sistema tecnico con dei simboli: ad esempio, qualunque edificio moderno rappresentato in pianta, cioè bidimensionale, perde l'altezza, lo stile e il materiale. La pianta rappresenta solo l'ingombro dell'oggetto, solo in un secondo momento, con un approccio più diretto con l’oggetto stesso, si può verificare il materiale di cui è fatto.
L'umanità ha, da sempre, prima percepito lo spazio, poi lo ha rappresentato sulla carta. Sono stati utilizzati vari metodi; ancora nel 1950 alcune popolazioni del Pacifico rappresentavano le loro isole con foglie e rametti: erano guide per le battute di pesca. Queste rappresentazioni sono state spazzate via dalla prepotenza del mondo occidentale che ha deciso di compiere esperimenti nucleari in quei luoghi.
Sorge un quesito: quando si è verificata la cesura fra percezioni e rappresentazioni simboliche?
La risposta più concreta è: nel diciannovesimo con i cartografi militari.
L'impalcatura delle carte geografiche è Tolemaica, nel 1500 interviene Mercatore, nel 1700 abbiamo le prime “legende” dove il cartografo comunica i simboli per la lettura, nel 1800 i generali dell’esercito di Napoleone utilizzano la rappresentazione cartografica per meglio conquistare i territori e governarli. Strabone, nel I d.C, afferma che la geografia è un potente strumento del potere perché conoscendo usi, costumi ed etnie è più semplice capire i popoli e indirizzare le politiche di governo.
La bandiera simboleggia un popolo, una nazione: consegnare la bandiera significa consegnare un popolo, ma…consegnare la carta geografica significa consegnare il territorio. Dagli scopi militari si è poi estesa agli altri campi. Il geografo Farinelli afferma giustamente che la scala è l’elemento fondamentale per la rappresentazione del territorio. Il rapporto di riduzione fra percezione e realtà è il mezzo per dimostrare la realtà della rappresentazione simbolica perché mantiene inalterata la distanza: 1:100.000 significa che ogni oggetto nella realtà è distante 100.000 volte rispetto alla carta che deve fornire l'idea dell'aspetto reale, di ciò che è rappresentato: lo stivale per l'Italia, l'ottagono francese, il triangolo per la Sicilia...

Un altro pilastro fondamentale per la rappresentazione geografica è l'immaginazione, aiutata dai simboli che danno scientificità. Nel passato pittore e cartografo potevano coincidere, ora abbiamo aggiunto parametri scientifici rilevanti: tutto è misurato, ad esempio le previsioni del tempo sono consentite da misurazioni di pressione, temperatura e piovosità. Le misure forniscono il dato quantitativo, danno scientificità alle carte. Nelle carte murali distinguiamo pianure, montagne e mare da vari colori, non c'è la ricerca della scientificità: si tende alla pittura dando la sfumatura di colore che avrebbe naturalmente.
Come abbiamo detto, la cartografia utilizza un linguaggio tecnico che passa attraverso funzioni ben precise, attribuite dal 1802, e si perfeziona dal diciannovesimo secolo. Abbiamo delle rappresentazioni diverse nel tempo: nella fig. 1 abbiamo l'Europa in forma virginis del boemo Bucius, accolta in alcune ristampe della "Cosmografia universale" di Sebastiano Munster, la cui prima edizione è del 1540. Nel collare della catena della signora rappresentata c'è la visione degli edifici della città di Praga. È una allegoria che riflette la situazione geopolitica del mondo del 1500. Carlo V era imperatore di un impero su cui non tramontava mai il sole; le parti più nobili del corpo umano, secondo le allegorie antropomorfiche di moda in quei tempi, sono utilizzate nella rappresentazione cartografica: nel cuore c'è Praga, la testa è la corona di Spagna, la mano destra è l’Italia che ha il globo che rappresenta il mondo spirituale del pontefice, quindi Corsica, Sardegna e Sicilia che sembrano macchie. Un Pegaso alato rappresenta l’Asia, un leone è il Belgio…
Si dava alla cartografia una valenza simbolica che andava ben oltre la realtà: la carta geografica può trasfigurare la realtà con valori simbolici che vanno oltre la materialità.
In un disegno del notaio Antioco Frau, fatto a Cagliari nel 1841, è rappresentata la Giara di Gesturi. Si nota un sistema cartografico percepito percorrendo lo spazio della giara. Essendo un territorio basaltico, circondato da strapiombi, consente ai visitatori la visione di un orizzonte circolare perfetto. L’immagine ha un aspetto arcaico e il testo è in spagnolo, riproduce un atto del 1700 scritto nella lingua che si utilizzava in quel tempo per gli atti notarili. Le annotazioni interne indicano le appartenenze amministrative della giara fatte fare dal comune di Genoni che rivendica l'uso del territorio per il pascolo di cavalli e bovini, contro il comune di Gesturi. L'unica sporgenza del cerchio è una protuberanza, denominata Su Corrazzu, che evidentemente colpisce la percezione del notaio che la disegna. La rappresentazione visiva della morfologia del territorio viene così riprodotta in un disegno realizzato per fini amministrativi.
Oggi si tende a parlare di rappresentazione geografica e non di carta geografica, inoltre, si considerano riduttive le tesi matematiche e astronomiche di Johnson e Lagrange, fatte nel 1700.
Ogni civiltà ha sempre mostrato la volontà di rappresentare, se non tutto, almeno la parte del mondo nel quale ha vissuto la propria parabola di vita. Non abbiamo rappresentazione di civiltà preistoriche, dei nuragici non abbiamo neanche fonti scritte. Nella fig. 2 c'è una veduta aerea di Stonehenge, un sito inquadrabile nell’età del Rame. Alcuni studiosi vogliono identificarlo in un grande calendario astronomico: i movimenti del sole producono il fatto che il 21 giugno il sole colpisce il centro del sito e arriva ad una pietra (menhir); i raggi poi attraversano il circolo e si dispongono sull'ultima architrave che chiude il circolo nella parte opposta, andando da est verso ovest. Alcuni vedono Stonehenge come la rappresentazione geografico-astronomica di un luogo su un supporto che non è carta ma un territorio. Forse si riferisce ad una rappresentazione spaziale: il posizionamento dei raggi nel corso dell'anno individua le sequenze dei mesi, pare quindi una struttura di orientamento delle attività economiche della società che lo ha costruito. Le rappresentazioni geografiche possono essere anche pittoriche perché rispecchiano lo spazio. Fra coloro che inseriscono Stonehenge come documento primordiale geografico c'è l’americano George Kish, autore nel 1980 di un'opera con le concezioni moderne della carta geografica: affermava la carta come immagine di civiltà, dove civiltà è cultura.
Si rappresenta il territorio non passando attraverso i cardini tolemaici della cartografia occidentale. Ogni società può rappresentare il territorio secondo un suo sistema. Kish distingue due modalità per la costruzione delle carte geografiche: la carta "strumento" che serve alla società che la produce per mantenere la memoria storica dell'immagine ed è utilizzabile per lo sfruttamento delle risorse dello spazio stesso; riguarda soprattutto il tipo topografico delle grandi scale.
Il secondo sistema è la carta "immagine" che prescinde dallo spazio vissuto e abbraccia spazi oltre il conosciuto, la cui esistenza è nota perché qualcuno li ha visti e li ha raccontati. Il cartografo le traduce in rappresentazioni geografiche. È inteso che il prodotto cartografico è sempre frutto dell'immaginazione, ad esempio, nelle carte IGM il simbolo della vite non deriva dalla realtà. Il processo di immaginazione serve a trasfigurare gli elementi rappresentati nella carta. Nelle carte “immagine” della civiltà cristiana è raffigurato spesso il paradiso terrestre; per noi è un'immagine della fantasia perché sappiamo che sulla terra non c'è, ma per definizione il paradiso terrestre dovrebbe essere proprio sulla terra. Anche Colombo risalendo le foci dell’Orinoco, pensò di averlo individuato e ne diede notizia. L'immaginazione elabora immagini immaginabili.

1 commento:

  1. scrive Rolando Berretta
    Dottor Montalbano approfitto del Suo pezzo, sulla Cartografia, per segnalare ai “lettori Sardi” una mia ipotesi:- Il fiorentino Brunetto Latini, siamo dopo il 1250, segnala nel TESORETTO di aver incontrato Tolomeo. Qui termina il suo lavoro. Nel 1270 i Pisani sono in grado di realizzare il primo portolano. C’è tutto il Mediterraneo. I Pisani debbono aver ritrovato qualcosa di notevole.
    Nel 1340 i Fiorentini sono in grado di riprodurre la formella con Gionicus. C’è una Terra sferica che procede inclinata rispetto all’eclittica. Si parte dalla Costellazioni dei Pesci indicante o l’equinozio di primavera o l’inizio dell’Era dei Pesci che corrisponderebbe al 55 a.C.
    Entro nel merito. I Pisani sono in Sardegna. Io seguirei le loro mosse. Se qualcosa è stato trovato potrebbe essere stato trovato qui. Non posso credere che se ne fossero andati in giro, dentro e fuori il Mediterraneo e si siano messi a disegnare quelle coste e che Tolomeo, Noi occidentali, l’abbiamo conosciuto verso il 1450. La -carta pisana- presenta degli errori di impostazione. Questo vuol dire che hanno copiato e che non avevano studi cartografici dietro e non ne avranno, poi, in futuro.
    Tutto questo per dire che in Sardegna ci sarebbe, forse, qualcosa da cercare. Non solo i Fenici.
    Nel mio piccolo ho voluto capire come erano stanziati, a Cagliari, i Pisani e i loro percorsi dal porto a Castello. Ho rinunciato. Chissà se, con un po’ di fortuna, qualcuno, ….

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